L’idea che per fare una valutazione neuropsicologica bastino dei test è abbastanza diffusa. Se anche tu pensavi che fosse così, non preoccuparti! È un’idea piuttosto presente anche tra gli stessi psicologi che si accingono a conoscere il mondo delle valutazioni neuropsicologiche.
In che cosa consiste una valutazione neuropsicologica?
In una prima fase, è necessario dedicare del tempo ad un colloquio con la persona che dovrà sottoporsi alla valutazione, ma anche, se possibile e se presente, con chi si prende cura di lei (il caregiver).️
Potrà sembrare strano, ma a questo punto è già iniziata la valutazione! Alcuni dettagli sul funzionamento cognitivo, comportamentale e funzionale della persona sono già visibili al clinico esperto.
Durante questa fase vengono raccolte tutte le informazioni anamnestiche necessarie, sulla persona e sulla sua famiglia, e le motivazioni che l’hanno condotta a richiedere una valutazione neuropsicologica. I motivi per cui può essere richiesta una valutazione neuropsicologica sono vari e non del tutto scontati: ne parlerò approfonditamente più avanti, nel corso dell’articolo.
Successivamente, si passa alla somministrazione dei test standardizzati. Solitamente nel corso di questa fase non è presente l’accompagnatore, per evitare interferenze o particolari distrazioni.
Al termine della valutazione formale, nel corso di un breve colloquio di restituzione, verrà condiviso con i familiari e con il paziente quanto emerso, in una forma generale. Infatti, in seguito, il neuropsicologo dovrà correggere ed interpretare i test, considerando quanto emerso a 360°, per poter stilare una relazione completa.
Sfatiamo un altro mito: per interpretare in modo corretto i risultati, non è sufficiente che al termine della valutazione si calcolino i punteggi. Certo, questa è una parte fondamentale, ma è anche necessario che il clinico abbia delle conoscenze approfondite riguardo l’organizzazione anatomica e funzionale del cervello e più in generale del corpo umano. Inoltre, è essenziale che conosca bene lo strumento testistico utilizzato affinché, oltre a saper calcolare i punteggi nel modo corretto, sappia quali funzioni cognitive, comportamentali o funzionali sono state indagate grazie a quel singolo test. Infine, il neuropsicologo deve riuscire a mettere insieme i dati ricavati dal colloquio, dall’osservazione qualitativa e dai test standardizzati.
Una valutazione neuropsicologica si articola dunque in diverse fasi:
- Colloquio con il paziente e con il familiare, se presente: durante questa fase, il neuropsicologo avrà bisogno di acquisire le informazioni rilevanti riguardanti il problema del paziente, come si è manifestato, l’eventuale evoluzione (sia in direzione di un miglioramento che di un peggioramento), l’impatto dei sintomi nella vita quotidiana e tutto ciò che può essere utile al clinico per capire che tipo di valutazione eseguire e come indirizzarla al meglio. Inoltre, è necessario che emergano le motivazioni che hanno portato la persona a richiedere una valutazione (richiesta del medico curante o di uno specialista, necessità di svolgere un percorso riabilitativo, motivi legali o legati all’assicurazione…)
- Somministrazione dei test: durante la valutazione formale il neuropsicologo potrà avvalersi di test carta/matita o computerizzati. A seconda delle ragioni che motivano la richiesta di una valutazione, verranno selezionati test diversi, ma il fine ultimo rimane in ogni caso quello di delineare il profilo cognitivo, comportamentale e funzionale della persona;
- Colloquio di restituzione con il familiare ed il paziente: al termine della valutazione testistica, vengono riferiti al familiare ed al paziente gli elementi centrali emersi nel corso della valutazione, sia a partire dai test che dall’osservazione della performance;
- Correzione dei test e stesura della relazione: ultima fase, completamente a cura del neuropsicologo, durante la quale il clinico dovrà elaborare una sintesi di quanto emerso dal primo colloquio, dalla performance, dalla propria osservazione e sulla base delle motivazioni che hanno condotto la persona a richiedere la valutazione.
Quando e perché può essere utile sottoporsi ad una valutazione neuropsicologica?
In alcuni casi, il pensiero di sottoporsi ad una valutazione neuropsicologica può causare ansia, paura e preoccupazioni: l’idea che qualcosa “non vada” nella nostra salute porta a timori legittimi e condivisibili. Tuttavia, è necessario considerare che una precoce individuazione delle difficoltà e delle possibili cause, può portare ad interventi più tempestivi. In seguito ad una valutazione neuropsicologica, infatti, può essere progettato un programma di riabilitazione o stimolazione cognitiva che permetta di intervenire sulle difficoltà emerse.
Le motivazioni che possono condurre a richiedere una valutazione neuropsicologica sono molteplici e, per alcuni versi, molto diverse tra loro. Di seguito potete trovare quelle che, nella mia esperienza, sono le più frequenti e diffuse:
- Quando si subisce un danno cerebrale, ad esempio in seguito ad un incidente, un tumore, un ictus, ecc… Solitamente, in questi casi, il paziente arriva dal neuropsicologo con referti di vari medici specialisti, che tuttavia non forniscono informazioni dettagliate sulle abilità cognitive della persona. La valutazione può quindi essere utile a completare la diagnosi, ad identificare meglio le difficoltà già abilmente indagate da altri professionisti e, se richiesto, a formulare un piano di trattamento riabilitativo.
- Quando, in persone di età avanzata, si osservano dei cambiamenti in una o più funzioni cognitive (memoria, attenzione, linguaggio, funzioni esecutive…) o nel comportamento. Vi è mai capitato di sentire un vostro caro dire: “Sto perdendo la memoria, non ricordo più le cose come un tempo”? Oppure di vedere dei comportamenti insoliti e bizzarri? In questi casi, un’indagine neuropsicologica può aiutare a comprendere precocemente qual è il problema e a cercare insieme possibili soluzioni, come ad esempio delle sedute di riabilitazione o stimolazione cognitiva.
- Quando un caregiver ha bisogno di risposte. In breve: il caregiver è una persona che si occupa dell’assistenza di un altro individuo, disabile o con caratteristiche che non gli permettono di essere pienamente autosufficiente. È frequente che il caregiver abbia bisogno di una figura esperta che risponda alle sue domande, come: “Cosa potrà fare/non fare da oggi la persona che assisto? Che difficoltà può avere nel quotidiano?” oppure: “Può uscire da solo? Riuscirebbe ad andare a fare la spesa e gestire i suoi soldi? E a cucinare senza farsi male?” O ancora: “Può guidare?” e molte altre domande.
- Quando è necessario progettare o verificare l’andamento di un trattamento riabilitativo: alla base di una buona progettazione di un trattamento riabilitativo c’è sempre una buona valutazione; inoltre, a cadenza regolare, è opportuno verificare come procede il trattamento e se è necessario modificarne alcuni aspetti in base all’evoluzione che si osserva.
- Quando viene richiesta una relazione neuropsicologica da presentare alle visite per l’accertamento dello stato di invalidità, alle compagnie assicurative o per scopi legali di vario tipo.
Conclusioni
Per eseguire una valutazione neuropsicologica ed ottenere un quadro della situazione cognitiva, comportamentale e funzionale della persona, non basta solamente somministrare dei test e calcolare dei punteggi: la procedura è un po’ più articolata e per questo è importante rivolgersi ad un clinico esperto in Neuropsicologia.
Sebbene l’idea di sottoporsi ad una valutazione neuropsicologica possa spaventare e preoccupare, l’individuazione precoce di deficit e difficoltà, può portare ad interventi riabilitativi o di stimolazione cognitiva più tempestivi.
La necessità di sottoporsi ad un intervento riabilitativo o di stimolazione cognitiva non è l’unica ragione per cui può essere necessario richiedere una valutazione neuropsicologica: in questo articolo ho esposto alcune motivazioni, sicuramente non le uniche, che possono portare ad una richiesta di valutazione.
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